Ha Senso Votare? Si’, Ha Senso
Ha senso andare a votare? Tim Harford del Financial Times dice no.
E sbaglia.
Come segnalato nella recensione del nuovo libro del Harford “L’Economista in Incognito” sul New York Times:
Non ha senso votare.. come atto puramente logico. Se realmente desiderate “fare la differenza“, comprate biglietti della lotteria – le vostre probabilità di vincere sono approssimativamente uguali alle vostre probabilità di decidere da soli un’elezione – e dedicate i soldi vinti a fare del lobbying politico.
E non preoccupatevi nemmeno di tenervi informati su cio’ che si decide, con le elezioni. “Poiché la probabilità che il voto di un individuo qualunque cambi il risultato è molto piccola, i benefici di trasformare un voto non-informato in un voto informato sono anch’essi molto piccoli,” scrive Harford. “Razionalmente parlando, a che pro la seccatura di andare a votare?”
Per saperne di più circa la saggezza dietro queste dichiarazioni, si puo’ visitare il sito web di Tim Harford stesso, in particolare l’articolo “Il Vostro Voto Non Conta“, pubblicato il 10 novembre 2007:
Notoriamente, il voto di un individuo non fa differenza alcuna. Secondo David Boothroyd, il britannico che studia le elezioni, in 24 elezioni politiche dal 1918, ognuna con centinaia di seggi parlamentari in gioco (più recentemente, 646), c’e’ stato solo un’elezione valida dove il vostro voto avrebbe potuto “fare la differenza“
Trovo un tal ragionamento piuttosto deludente. Le elezioni non sono decise da ciascuno elettore individuale, ma dal comportamento di molti elettori individuali: e a quello bisogna riferirsi quando si voglia capire cosa possa “fare la differenza“.
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Pensiamo dunque se sia opportuno andare a votare oppure no: immaginate che (a) la maggior parte della gente la pensi a riguardo come voi. Se decidete allora (a.1) di votare, sapete che la maggior parte della gente penserà la stessa cosa ed andrà a votare. In quelle circostanze, la gente che non vota è in minoranza ed ha poco senso unirsi a questi ultimi: il voto è la scelta logica.
Se decidete (a.2) di non votare, sapete che la maggior parte della gente non andrà a votare neanch’essi. Ma in quel caso le opinioni di chi vota hanno un più grande peso del solito: il voto è, ancora una volta, la scelta logica.
Immaginate ora che (b) la maggior parte della gente non la pensi come voi. Se decidete (b.1) di votare, sapete che la maggior parte della gente non andrà a votare. Motivo in piu’ di andare alle urne: il voto è, per la terza volta, la scelta logica.
Infine se decidete (b.2) di non votare, la maggior parte della gente voterà. Ovviamente, invece di rimanere sperduti con la minoranza, avrà senso seguire la maggioranza: e così votare è… la scelta logica.
Il voto è sempre la scelta logica: indipendentemente dalla “differenza” che un singolo voto possa o non possa fare.
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Quanto sopra è liberamente ispirato da “Metamagical Themas” di Douglas Hofstadter, una meravigliosa collezione di saggi da Scientific American dove il famose autore di “Goedel, Escher, Bach” studia (nell’ultima sezione “Saggezza & Sopravvivenza“) alcuni modi non immediatamente evidenti di risolvere i “dilemmi della cooperazione“.
Magari Tim “Economista in Incognito” Harford avesse il libro di Hofstadter ed espanso il suo proprio ragionamento per includere… i modi in cui si ragiona, invece di limitarsi, da economista, ai meri numeri delle elezioni.
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Ci è una possibilità ancora non analizzata: il cosiddetto “sciopero degli elettori“, dove la gente decide di protestare in blocco sperando che la loro assenza sarà notata.
In questo caso, ci sono due risultati potenziali: (c) poca gente partecipa allo sciopero o (d) molte, molte persone rifiutano di votare.
Se accade (c) lo sciopero è un disastro, e votare ha decisamente più senso. E se accade (d), visto che poche persone votano, è definitivamente tempo di farlo (come in a.2 ed in b.1 qui sopra).
Non si puo’ proprio scampare dal fatto che votare e’, da un punto di vista logico, l’unica opzione.
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